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Diario di bordo da Bordeaux, I puntata – “Il Pepoli”

di Simone Banchelli, 3A

Utente RIIC82500N-psc

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Condividiamo con i nostri lettori il diario di viaggio redatto da un nostro alunno che ha preso parte al gemellaggio con la scuola di Léognan, in Francia.

Cari lettori,

oggi vi vorrei raccontare un’esperienza che ho fatto insieme ad altri compagni della scuola Pepoli, lo “scambio culturale” con la scuola di Léognan.

È cominciato tutto giovedì 9 novembre sull’autobus che ci ha portati all’Aeroporto di Fiumicino: da lì avremmo preso il volo per Bordeaux in Francia… Però non è andata così facilmente.

Appena arrivati, quando la professoressa Caratozzolo si stava assicurando che tutti avessimo le carte di identità, si è accorta che mancavano dei documenti… Il dramma: non potevamo tornare a Poggio Mirteto per prenderli perché erano le 19:00 passate e il nostro aereo partiva alle 20:00, quindi pensavamo di non poter proprio partire ed eravamo tutti sconsolati.

Ad un certo punto, però, il professor Farese ha deciso di andare dalla Polizia per chiedere se accettassero i documenti scannerizzati per foto e, dopo qualche insistenza, la Polizia si è persuasa, quindi degli amici della professoressa sono andati a casa sua per prendere i documenti e fare la foto per poi mandarci la scansione. Problema risolto!

Fatto il check-in, siamo comunque partiti con molto ritardo a causa di problemi della compagnia aerea; il viaggio è stato tutto sommato tranquillo, anche se alcuni di noi viaggiavano in aereo quel giorno per la prima volta o non lo prendevano da tempo, quindi avevano un po’ di paura, però poi si è risolto tutto e hanno fatto il viaggio senza timore.

Arrivati in aeroporto a Bordeaux, altri problemi ad attenderci: ad alcuni di noi si erano rotte le valigie, ma Volotea, la compagnia con cui stavamo viaggiando, si è categoricamente rifiutata di rimborsarci e non si è presa alcuna responsabilità.

Dopo aver ritirato i bagagli abbiamo incontrato i nostri corrispondenti francesi che ci hanno accolti con dei cartelloni con su scritto “Benvenuti”; poi le famiglie ci hanno accompagnato a casa e finalmente abbiamo potuto fare una bella doccia per poi andare subito a dormire: il giorno dopo ci saremmo dovuti svegliare presto per andare a scuola.

La mattina dopo ci siamo svegliati tutti abbastanza riposati. Quando siamo arrivati a scuola, ci è sembrato di essere arrivati in un altro mondo: appena entrati nel cortile, alla nostra sinistra abbiamo visto dei parcheggi al coperto per le bici e davanti avevamo il vero e proprio edificio, affacciato su un grande spazio per fare ricreazione con sei tavoli da ping pong di una certa qualità.

Una cosa che mi ha molto colpito è il fatto che non sono i professori a cambiare aula al suono della campanella: in Francia sono gli alunni che cambiano ogni volta aula, e ci sono delle aule diverse per ogni materia. La campanella, poi, è la parte migliore: per prima cosa, dura un sacco, e inoltre invece della normale campanella fastidiosa incomincia una canzone degli anni ‘90 (o almeno credo) che indica l’inizio o la fine dell’ora. Molto più piacevole!

Poco prima di entrare, la prof ci ha dato gli orari della settimana e anche della settimana successiva: infatti nella scuola francese gli studenti seguono più materie di noi, quindi c’è un’alternanza di orari tra una settimana e l’altra. Io stavo insieme a una mia compagna e per la prima ora siamo andati in una classe chiamata “sala di permanenza”. Quando siamo entrati c’erano altri ragazzi nella sala (noi eravamo entrati in ritardo), stavano tutti zitti e c’era un sorvegliante a vigilare sugli studenti, ma in realtà quelli non facevano niente di particolare, stavano seduti sul banco in silenzio, a ripassare per le materie per le ore successive. Quella ora è chiamata “ora di buco” ed è proprio prevista dall’orario francese.

Quando è suonata la campanella, con la sua simpatica melodia, ci siamo ritrovati nel cortile insieme agli altri per capire come stavamo procedendo, e poi siamo subito andati nell’aula dell’ora successiva, quella di Francese (che per noi avrebbe corrisposto all’ora di italiano). Appena entrato non ho visto un’aula qualunque ma una stanza piena di cartelloni derivanti dai lavori di gruppo che i ragazzi avevano svolto in precedenza e con cui erano valutati. Secondo me questa cosa è speciale perché invoglia i ragazzi a fare questi lavori e li fanno pure insieme.

 

Se questo racconto vi ha incuriositi, vi aspettiamo la settimana prossima con la seconda parte!